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La Maratona lunga un anno

“Animo Sergio! Animo!” Il senso comune di correre una Maratona è quello di correrla fino in fondo,

fino all’ultimo chilometro dove ormai le fatiche scompaiono e la gente tutta intorno ti regala, più forte che mai, l’ultimo momento di coraggio e di emozione. Allora, proprio in quegli istanti ,comprendi che forse valeva la pena di arrivare fino a quella meta, di essere proprio lì in quel preciso istante, per un attimo il protagonista della tua vita, e riesci finalmente a dare il giusto senso alle tue fatiche. Ecco, a Valencia ho vissuto questo momento straordinario come mai prima d’ora, anche avendo già partecipato ad altre Maratone prima di questa.

La Maratona di Valencia l’aspettavo da quasi due anni e l’avevo nel cuore già dopo la mia prima Maratona di Roma del 2016 che, ad oggi, posso annoverare come la migliore, sia in termini di condizioni fisiche che in termini di tempo assoluto (sotto le 4h). Partito da molto lontano come un semplice runner domenicale, dove non mi sfiorava neanche l’idea di una benché minima sfida, sono riuscito a raggiungere in pochi mesi l’obiettivo di essere pronto per la Maratona, la corsa e la sfida per eccellenza. La prima Maratona in realtà non mi ha lasciato molto, perche’ non avevo ancora percepito appieno ciò che ero riuscito a compiere in pochi mesi, da quando avevo cominciato a correre con questo fantastico gruppo di Emergency. Quell’anno, dopo i primi mesi straordinari di preparazione per arrivare fino in fondo alla Maratona di Roma, è stato un susseguirsi di infortuni e tentativi di ripresa, spesso falliti per via della voglia di rimettermi in pista troppo presto, errore che alla fine ho pagato.

La Maratona di Valencia, ormai, la vedevo sempre più lontana, quasi irraggiungibile, ma non nei miei sogni. Ho legato questo sogno ben stretto alle mie scarpe da running, tornando finalmente a correre a fine anno, dopo quasi cinque mesi di stop, con l’obiettivo di realizzarlo correndo per un anno intero, allenamento dopo allenamento, traguardo dopo traguardo, compresa la seconda Maratona di Roma del 2018. E finalmente quel giorno è arrivato, dopo un lungo anno fantastico di corse, senza infortuni importanti e con l’entusiasmo che cresceva sempre più perché quel piccolo sogno sportivo finalmente si stava concretizzando. ….”Animo Sergio!Animo! Durante la Maratona di Valencia questa frase me la sono sentita ripetere spesso, soprattutto dopo il 25° Km, e, ogni volta, porgevo un timido accenno di sorriso e di ringraziamento per l’incitamento. Penso che sia stata proprio questa grande carica di generosità dei cittadini di Valencia la formula perfetta che ha sostenuto me, come tanti altri corridori in difficoltà, metro dopo metro, proprio nei momenti più difficili della gara, fino alla fine, fino alla meta.

Il giorno della gara Sveglia alle 5,30 : ho riposato bene, mi sento piuttosto in forma, nonostante sia un po’ raffreddato a causa della DeeJay Ten bagnata corsa la domenica prima e che mi ha messo praticamente al tappeto! L’eccitazione è così alta, però, che questo aspetto passa in secondo piano e mi preparo al meglio per la gara. Una frenetica colazione in hotel fra tanti altri che correranno in questa gara e poi navetta bus fino al raduno nei pressi della partenza. Ormai è quasi l’alba e sta per sorgere il sole e quella notte al termine mi lascia senza fiato, con una vista straordinaria tra luci e ombre del villaggio della maratona che comincia a prendere vita, gremito di runners freneticamente intenti nel riscaldamento, a prepararsi o semplicemente a scambiarsi opinioni. Tutti lì in attesa del grande momento, che però stavamo in effetti già vivendo. La luce solare comincia a farsi strada tra gli edifici e la temperatura è perfetta : giornata a dir poco splendida. Dopo un breve riscaldamento mi appresto a raggiungere la griglia della seconda onda e dopo il primo start degli elite runners alle 8,30, mi ritrovo in pochi minuti sotto la linea di partenza. 8,36 si parte! Devo dire che lo start è stato a dir poco emozionante ma non immaginavo ancora quanto lo sarebbe stato anche percorrere il tracciato. Partenza e andatura già subito regolari, senza intralci iniziali, per via delle ampie strade che stiamo percorrendo e trovo subito il ritmo di corsa che mi ero prefissato (5’15”/Km) e un battito cardiaco che si andava pian piano normalizzandosi raggiungendo una condizione di fatica normale. Mi sono subito imposto di non seguire i Pacer del mio tempo stimato, per non commettere l’errore dell’ultima maratona, che mi ha causato un crollo nell’ultimo quarto di gara, perdita di concentrazione e dove anche il caldo alla fine mi ha presentato il conto.

Ho avuto la sensazione iniziale che i primi 5Km scorressero più lentamente del previsto, forse perché volevo raggiungere in fretta la conferma del mio primo riscontro cronometrico, che poi è arrivato puntuale ed è stato positivo. Forse ero troppo veloce ed ho pensato che potevo permettermi di rallentare anche 5” al km sull’andatura media e oscillare su quel periodo risparmiando qualche energia per il finale di gara. La strada scorre veloce e regolare e già da subito non manca il calore del pubblico che,con il passare del tempo, diventa sempre più numeroso e altri si apprestano a scendere in strada. Gli incitamenti, la musica a tutto volume, come anche le danze e canti di alcuni gruppi folcloristici, non sono mai mancate. Improvvisamente, dal sordo attutire delle suole delle scarpe sull’asfalto, sento avvicinarsi un’onda di grida e di incitamenti indirizzate verso l’altro lato del vialone. All’improvviso, dopo il passaggio di alcuni motoveicoli della polizia, e un veicolo mobile attrezzato per le riprese in diretta, con tanto di elicottero in cielo sulla verticale, appare veloce come il vento il gruppetto di maratoneti di colore perlopiù kenioti che hanno raggiunto proprio da quelle parti il loro 20° Km! Dietro di loro il vuoto assoluto per almeno 4’… Il 10°Km arriva subito dopo, più in fretta però, almeno così mi è sembrato, mentre la rilevazione del tempo ufficiale è più avanti di un centinaio di metri. Mi regolo così a riprendere il tempo sul rilevamento ufficiale che conferma, comunque, la mia andatura, nel complesso buona. La corsa, a questo punto, entra nel vivo e si comincia a pensare al traguardo della seconda distanza, ma con un’attenzione particolare al 15°Km e soprattutto al 20° km circa, giusto il tempo per recuperare qualche gap e aggiustare i tempi. Ecco la mezza é passata, quasi senza accorgermi di nulla, distratto da una folla di persone, e dai tanti bambini che erano felici di essere lì ad aspettare il cinque dei runners nel palmo della loro piccola mano. E’ veramente una grande festa e sembra che l’arrivo cominci proprio lì.

Distratto ,mi rendo conto poi che ho perso circa 3’. Troppo tardi! Vediamo di recuperare raccogliendo qualche manciata di secondi tra un km e l’altro. Scorre il tempo e i chilometri avanzano e la concentrazione si allenta un po’ per godere di questo spettacolo in questa parte centrale della gara, per poi riprenderla negli ultimi 10 km , o almeno così mi sono prefissato, ma solo per darmi un motivo di distrazione in più, come se non bastasse quello raccolto dalla gente. Al passaggio del 25° Km avevo accumulato un altro minuto di ritardo ed ha cominciato a farsi strada l’idea che forse ne avrei potuti perdere altri con l’andare della corsa. Ho cercato di riprendere la giusta concentrazione cercando di tornare su un passo regolare e meno incostante fino a quando ho percepito che stava accentuandosi piuttosto rapidamente un dolore alla tibia sinistra. Provo a rallentare un po’ l’andatura per provare a capire se il dolore possa rientrare da solo così come è comparso. Poco dopo, la situazione si ripete. Intanto, però, rallento ulteriormente e tento di proseguire a quel ritmo, ma ho percepito subito che è impossibile continuare a correre così: troppo rischioso. Ho cercato subito di ricorrere ai ripari, ormai è certo che non posso più raggiungere quell’obiettivo tanto sperato e quindi riorganizzo le idee, le possibilità rimaste e la strategia migliore per evitare l’inevitabile e lo stop definitivo. Dal 27° km, perciò, decido di introdurre recuperi camminando un po’; idratazione e alimentazione proseguono come previsto e poi si riparte ma non sono mai riuscito a coprire a tratti la distanza di un km ,anzi , appena la metà.

Mi convinco che è l’unico modo per andare avanti in qualche modo, il tempo finale non mi interessa più, è il traguardo che devo raggiungere, solo il traguardo. La fatica si fa decisamente più pesante come anche il dolore e considero che fermarmi troppo è altrettanto deleterio che correre. Il 30° Km sembra non arrivare mai ma alla fine eccolo, e mi incoraggio pensando che sono solo 12’ di ritardo. Il dolore è sempre più presente e la corsa sempre meno, mi sforzo ad andare avanti ma non c’è la faccio proprio a continuare in quel modo e comincio a sentirmi quasi un estraneo in quella gara dove prima, invece, ero uno dei protagonisti. A quel punto realizzo che mancano ancora circa 11 km all’arrivo, con la fatica addosso e un’andatura incostante e il tempo che si dilata. Ora, quasi del tutto sfiduciato, penso non mi rimanga altro che camminare e per distrarmi un po’, fare il conto di quanto tempo potrei impiegare per coprire quella distanza. Quando ormai sembra tutto perduto, ha cominciato anche a crescere il tifo e la presenza del pubblico valenciano. Mi ha sorpreso come molti si preoccupassero di quelli come me, quelli che si affannavano, di coloro che palesemente erano in difficoltà ma non solo, anche gli stessi corridori cercavano costantemente di farti sentire in gara, di incoraggiarti a continuare. Animo, Sergio! Vamos! Praticamente un continuo ogni volta che rallentavo, e questo atteggiamento mi ha dato una carica inaspettata e ho capito che non potevo deludere quel pubblico così fantastico. Il morale torna ad alzarsi e c’è tanta strada da fare ancora, nonostante le smorfie di fatica, non perdo assolutamente un accenno di risposta ad ognuno di loro, facendo capire che ci sono, posso farcela, posso andare avanti. I 10 km che poi mi hanno portato in vista della mitica meta sono stati difficili da una parte, ma straordinari allo stesso tempo, e su quello ho costruito il mio grande finale!

Gli ultimi 2 km e 195 m li corro e come se li corro! Costi quel che costi. L’ultima parte di questa storia qualcuno la conosce già. ….. Lascio Valencia e la sua Festa del Running con un ricordo straordinario, gli scorci meravigliosi di una città tutta da scoprire, la forte passione della gente per questo sport che lascia veramente entusiasti e la sua Maratona organizzata alla perfezione come un evento assoluto e spettacolare in tutti i suoi aspetti. Un ringraziamento particolare va al pubblico valenciano che, nella difficoltà che ho incontrato dopo il 25° Km, mi ha dato il coraggio di andare avanti e di percorrere, anche se con grande sofferenza, gli ultimi 17 km fino al traguardo.

L’infortunio improvviso e inaspettato non mi ha più mollato, rallentando progressivamente la mia corsa fino ad essere costretto ad alternarla alla camminata. Non ho mai pensato di mollare del tutto, sebbene la distanza da percorrere in quelle condizioni fosse davvero impressionante; ho attraversato il 30° km sperando che ce la potessi ancora fare a proseguire, ma non è andata proprio così. Non mi sono perso d’animo e sono andato avanti mettendo da parte l’orgoglio di correre la mia Maratona perfetta, tirando fuori invece l’altro aspetto del mio orgoglio, la determinazione, che tanto avevo coltivato nell’ultimo anno di corse ,solo esclusivamente per essere qui in questa grande festa. In questa mia seppur insignificante impresa nel grande evento, gli amici valenciani sono stati veramente meravigliosi, tanto che negli ultimi 2 chilometri l’emozione era così forte che ha cancellato all’istante ogni dolore.

Alla fine non posso dire di aver mancato l’obiettivo tanto cercato o di essere insoddisfatto della prestazione raggiunta anzi, questa esperienza mi ha insegnato che una Maratona è anche questo, come esattamente le due belle facce di una stessa medaglia.

Sergio Pecoraro