La NYC Marathon di Marisa.
La NYC Marathon: ditemi che è vero vi prego… e se non lo è… non svegliatemi… lasciatemi sognare ancora!
Ho realizzato il mio grande sogno americano e ancora non ci credo : la leggendaria Maratona di New York!
Eppure mai l’avrei immaginato tre anni fa’, quando ebbe luogo il mio primo esordio podistico.
La mia storia da runner, inizia infatti nel 2021 quando, trasferita nella “caput mundi” durante la pandemia per motivi di lavoro da un piccolo comune della Calabria (Paola per la precisione), partecipo da emerita profana alla rinomata mezza maratona Roma Ostia di quell’anno. Da lì a breve, contro ogni mia previsione, si avvera la profezia che mi sentivo dire da tutti coloro che poi nel tempo sarebbero diventati i miei fantastici compagni di avventura in tantissime gare : “Marisa , tu non ti fermerai mai più!”. È così è stato davvero. Travolta da un vortice di adrenalina e di entusiasmo inarrestabile, chilometro dopo chilometro, ho partecipato a tutte le manifestazioni podistiche di Roma e dintorni , militando in quella che ora è diventata la mia seconda famiglia: ASD Runners For Emergency.
L’obiettivo New York è arrivato subito dopo aver preso parte alla mia seconda maratona di Roma lo scorso 17 Marzo 2024: mi sentivo finalmente pronta per questa grande impresa. Senza alcuna esitazione, ho colto così al volo l’occasione di unirmi ad un gruppo di miei compagni di squadra già organizzati (Pecoraro Sergio, Fedeli Ireneo, Giammanco Giovanni, Moretti Gianluca e Petrilli Dominique) con i quali ho avuto il grande piacere di condividere questa indimenticabile avventura e ho dato finalmente il via al mio sogno.
Organizzato quindi il viaggio, l’attesa è stata un crescendo continuo di emozioni e perché no, anche di ansia e preoccupazione. Ma una volta giunti a destinazione, tutte le sensazioni negative sono sparite come per incanto, lasciando il posto ad un entusiasmo indescrivibile.
Entusiasmo immortalato anche dal servizio del tg1 , quando la mattina di sabato 2 novembre, il giorno prima della gara, a sorpresa riprende tutti noi maratoneti che come da rituale, ci diamo appuntamento nella iconica Times Square per conoscerci, fare qualche foto di gruppo e poi partire tutti insieme per un warm up di qualche chilometro fino a Central Park, dove possiamo ammirare in anteprima la gloriosa Finish Line e visualizzare il nostro arrivo con gli occhi pieni di lacrime. E così, con questa immagine stampata negli occhi, è arrivato il giorno tanto atteso e desiderato : il giorno della gara.
Sveglia alle ore 4.00 del mattino. Per fortuna, chi è riuscito a farlo, ha potuto dormire un’ora in più visto che il cambio dell’ora legale in America è avvenuto nella notte del 3 Novembre. Appuntamento alle ore 5.00 nella hall dell’hotel, che si trova a Midtown, pieno centro di Manhattan a due passi dagli edifici storici di New York: Chrysler Building, Empire State Building , Rockefeller Center, Grand Central Terminal e il grattacielo di recente costruzione, One Vanderbilt con il suggestivo osservatorio The Summit. Il tempo di una veloce colazione e via, alle 5.30 la navetta è già fuori ad attendere tutti noi impavidi runner per accompagnarci direttamente presso il borough di partenza: Staten Island.
Il preludio di quello che la gara ci avrebbe riservato inizia a percepirsi già durante il viaggio soprattutto quando a squarciagola accompagniamo la famosa colonna sonora del film “Rocky” che l’autista ci fa ascoltare per tutto il tempo, fino ad esplodere in un fragore di entusiasmo incontrollabile quando finalmente arriviamo a destinazione. Davanti ai nostri occhi tutte le nazionalità del mondo in un momento solo: i nostri compagni di gara.
La partenza è organizzata in 5 onde ‘wave’ con orari diversi: 9:10, 9:45, 10:20, 10:55 e 11:30. Io resterò in attesa fino alla fine visto che mi trovo nell’ultima wave. Ma avrò il tempo ed il modo di godermi lo spettacolo intorno a me. Una macchina organizzativa perfetta permette di gestire migliaia di runners (55.646 per la precisione di cui più di 2.000 italiani) e di coccolarci prima della partenza con ciambelline, integratori, barrette energetiche, bevande calde e cappellini.
Sì, perché al mattino presto il freddo si fa sentire e ognuno si difende come può: tute, pigiami, coperte, sacchi a pelo, accappatoi, vestaglie, costumi da supereroi e vestiti di ogni genere che poi verranno abbandonati in grossi contenitori e destinati agli homeless. Sotto quelle bizzarre “corazze termiche”, ognuno indossa con orgoglio la propria personale divisa da maratoneta che non vede l’ora di sfoggiare. Anche io ho la mia. Indosso i colori del tricolore italiano. Una divisa studiata ad hoc per il grande evento, con il mio nome scritto a caratteri grandi seguito da un “tag me,” che mi permetterà poi di ricevere direttamente sui miei profili social, le foto e i video che i tifosi faranno insieme a me. Almeno cosi’ spero.
Tocco finale, l’emblematica corona della Statua della Libertà, comprata in un negozio di souvenir il giorno prima. L’attesa mi permette di vedere anche le partenze che precedono la mia: ogni wave si presenta come una interminabile scia di colori sul ponte di Verrazzano, un ponte di cui noi italiani non possiamo che andarne fieri visto che per chi non lo sapesse porta il nome del primo navigatore europeo (Italiano per la precisione) che per primo esplorò e approdò nella baia di New York nel 1524. L’entusiasmo cresce sempre più fino a raggiungere l’apice al momento della partenza. Solenne momento da brividi, quello in cui, in rispettoso e doveroso silenzio, ascoltiamo concentrati l’inno americano cantato dal vivo: impossibile trattenere le lacrime per l’emozione. Subito dopo, il fatidico colpo di cannone dà il via alla gara mentre gli altoparlanti diffondono a tutto volume l’inconfondibile voce di Frank Sinatra che canta “New York, New York”. Ci siamo.Finalmente si parte, manifestando il nostro entusiasmo in tutti i modi possibili e immaginabili, soprattutto davanti all’enorme maxischermo che ci riprende man mano che oltrepassiamo la Start Line. Il tanto famigerato ponte di Verrazzano, con il suo chilometro e mezzo in salita, non fa poi così paura come tanto si era sentito dire: in realtà è un’esplosione in movimento di colori, di voci, di foto, di telecamere, di passi che rimbalzano in maniera ritmica facendo vibrare la imponente struttura a due livelli sotto i nostri piedi e permette una vista spettacolare sullo stretto braccio di mare che si apre intorno, il Narrows, sotto un cielo limpido e azzurro che regalerà a tutti noi, runner e non, una bellissima giornata di sole. E poi l’entusiasmo è tale da farci arrivare in un attimo al borough successivo: Brooklyn. Da lì in poi, la maratona si trasformerà in una vera e propria festa: il tifo caloroso di tutti i Newyorkesi presenti lungo i margini delle strade, al di là delle transenne che tracciano il percorso, sarà tale da non farci percepire mai la stanchezza, e contrariamente alle regole del gioco che normalmente spingono ad inseguire il personal best, farà venire solo voglia di arrivare al traguardo il più tardi possibile per potersi godere a lungo ogni attimo, ogni momento di quel meraviglioso tripudio che ci accompagnerà fino alla fine, lungo quel fantastico tragitto che ci permetterà di attraversare e di ammirare anche il Queens, il Bronx per poi ritornare di nuovo a Manhattan.
Personalmente, ho raggiunto il mio obiettivo al di sopra di ogni aspettativa: sono arrivata al traguardo non felice… ma di più… qualcosa di indescrivibile e mai provato prima. Miglio dopo miglio, senza fretta, col sorriso sempre in faccia pronto per essere immortalato dalle telecamere e dai fotografi ufficiali e non, sono arrivata al traguardo partecipando in prima persona a quella festa con foto, video, abbracci, batti il 5, cantando, ballando e incitando simpaticamente tutti i tifosi con il mio slogan preferito “put your hands up” (anche questo scritto sulla mia maglietta) a suon di un fischietto per farmi sentire sempre e comunque anche nel caso in cui sarei rimasta senza voce per l’emozione . Gli ultimi 5 km, con gli occhi pieni di lacrime di gioia, mi sono detta: “nooo… sta per finire” e così ho rallentato ancora una volta il mio ritmo. Volevo godermi ancora un po’ quella festa e quel tripudio di voci che echeggiava il mio nome in ogni angolo delle strade al di là delle transenne facendomi sentire una piccola eroina per poi prepararmi e godermi il rush finale, quello che avevo già visualizzato la mattina prima: il mio ingresso trionfale alla Finish Line dentro Central Park sventolando la bandiera tricolore sotto una pioggia di coriandoli (anche questi, portati al seguito per l’occasione).
La maratona di New York, per me, resterà un sogno, perché anche ora che ho portato a casa la mia bellissima medaglia, continuerò a chiedermi sempre se è stato vero oppure un sogno. E allora non mi resta che continuare a sognare… e chissà… sogno dopo sogno… portarmi a casa altre iconiche medaglie. Ma nel frattempo, continuo a godermi questa avventura che sembra non finire più, anche grazie ai tag che continuo a ricevere tutt’oggi!
L’espediente “tag me” sulla maglietta è riuscito alla grande e i miei “personali” tifosi sono stati tantissimi!
Il loro calore ed il loro sostegno , al di là della medaglia, resteranno sempre e comunque il mio premio più bello di questo meraviglioso e indimenticabile sogno chiamato TCS New York City Marathon 2024.
di Marisa Giglio