5 mesi di allenamenti, tanto impegno, tanta dedizione, e l’anno più caldo degli ultimi 40000 miliardi di anni (tranne il giorno della maratona ovviamente) ma alla fine ce l’ho fatta.
Alla maratona di New York io c’ero e, nonostante tutto, sono arrivata alla fine e ho sfatato un bellissimo luogo comune: la città di New York e, in particolare, l’isola di Manhattan non è per niente piatta, ma va?
Manhattan = “l’isola delle colline“.
Eppure me lo avevano detto in tanti e io, niente, di coccio, ero convinta che tutto fosse piatto da quelle parti, ma ho avuto modo di scoprirlo, sulle gambe e sulla testa, elencando tutti i santi e le madonne, anche ortodosse, di tutti i calendari conosciuti al giorno d’oggi .
34 anni di cui la maggior parte passati davanti alla Tv ogni maledetta prima domenica di Novembre con il babbo a guardare la Maratona di New York, che bello sarebbe farla, diceva lui, che bello, e si sarebbe proprio bella correrla; un “che bello” che a ripetersi ogni anno in qualche modo andava concretizzato… Sergio facciamo la maratona di New York?
Sergio “Eccerto”.
Mai corso in vita mia e come per magia mi sono trovato iscritto ad una maratona, ma non ad una maratona qualsiasi ma alla MARATONA di NY. Grazie a dei ricordi che ho di libri di storia, quando parlavano delle olimpiadi nate in Grecia, molti anni orsono ormai, sono riuscito a capire su cosa ci stavamo effettivamente imbarcando; 42km 195mt da correre, ”mmmhhhh bene” Allora lei mi dice:
Sergio facciamo la maratona di New York?
Miky.
Domanda retorica la mia, avevo già prenotato, e Sergio in vita sua non aveva mai corso più di 1km.
Maratona di New York, ma credo per tutte le maratone, equivale a parlare di tutto quello che c’è stato prima per arrivare all’evento, 5 bellissimi mesi, fatti di fatiche (tante), di sorrisi (tantissimi) e di qualche, forse più di qualche, “ma io non ce la faccio a farne 42”. In 5 mesi mi sono ritrovata ad aggiornare tabelle di allenamenti, sveglie alle 5.30 corse alle 22 , per l’umida Sri Lanka, la fredda Germania l’innevata Praga e la torrida South Carolina, passando per l’emozionante Amatrice-Configno, per quella ancora più emozionate, per me, Corsa di Campotosto, per teminare con i 30 km di Latina che presagivano un mio disastro fisico una volta superati i 32 km di corsa.
Novembre è arrivato subito, con tutto il suo carico di tensione e felicità, i miei mi avevano salutato alla partenza con un “oh se non ce la fai cammina l’importante è che arrivi” e un Usque ad finem è stato.
Sergio.
Fino a quel giorno avrò corso per un migliaio di chilometri seguendo Miky in gare, allenamenti e per menargli; ormai ero entrato nel MOOD, non era contemplato il fallimento, magari morto ma avrei tagliato. Valigie pronte l’aereo ci aspetta, non si torna più indietro, New York arriviamo.
È la mattina del 5 novembre 2017, sono le 7 AM ci prepariamo, facciamo colazione ed usciamo dall’hotel direzione ferry boat per Staten Island. Siamo in tantissimissimi, un fiume di gente e noi sorridenti ci facciamo anche fotografare.
Miky e Sergio alla NYC Marathon
La nostra è l’ultima wave, quella riservata alle “vecchiette” a chi ha qualche kg in piu, (nel mio caso in meno), di quelli non propriamente “top runners” ma a me e Sergio va bene così la partenza è alle 11 quindi possiamo dormire un pò di piu.Tutti raccontano di attese infinite di freddo che ti entra nelle ossa…io e Sergio siamo arrivati sulla linea di partenza alle 10.55 in anticipo di 5 minuti insomma, attesa nulla, freddo zero (siamo andati con delle mega tutte di lana che poi abbiamo lasciato in beneficenza prima di partire).
Si Parte.
Miky e Sergio alla NYC Marathon
Non fa molto freddo, ma piove, di quella pioggerellina sottile, fitta e infinita che ti taglia la faccia. Il giorno della Maratona di New York non piove mai e c’è il sole, sempre, da vent’anni! Ma quest’anno ci siamo noi, ergo… La partenza è entusiasmante, Frank Sinatra con New York New York , Inno nazionale e poi spari di cannone, che la festa abbia inizio.
Il fiume di gente che vedi davanti a te sul ponte di Verrazzano, ti fa percepire di esser parte di qualcosa di grande. Ma la salita dello stesso e la vista in lontananza del pur incantevole panorama di Manhattan sulla sinistra chiamano subito alla mente il più classico dei pensieri: “Ma chi me l’ha fatto fa’?!”
Miky e Sergio alla NYC Marathon
Superato il primo ponte, si entra nel quartiere di Brooklyn, il più popoloso di tutti e si percorre tutta la lunghissima 4th Avenue. Davanti alle porte, ai lati delle strade, un fiume di gente, incurante della pioggia e senza un ombrello, un k-way, urla e ti sostiene senza sosta con forza e vigore. Molte persone, offrono dolcetti e stuzzichini, e in tanti, fazzoletti di carta per asciugarci dalla pioggia. Per incitarti a correre e non essere l’unico pirla ad abbandonare i giochi, i cartelloni in strada della gente sono fantastici. C’è chi ti dice che corri più veloce del governo Trump, chi ti dà del pazzo se non la finisci, chi ti dice di resistere, chi ti ricorda quanto hai speso per essere li, tutto pur di arrivare al fino al traguardo, ma la cosa che, però, più di tutte ti dà forza è vedere l’elevato numero di disabili che affronta la corsa sotto la pioggia senza paura, così come gli anziani, un esercito che a qualsiasi costo dovrà portare a termine il proprio incarico.
Sergio incontra Darth Wader.
Brooklyn, come dice Miky, ti trasporta, ti spinge in avanti, una marea di persone lì anche per te ad urlare qualsiasi cosa che sia riconducibile alla tua figura per incitarti. Ma Il top? sono i bambini che ti presentano il 5 li bello come non mai, solo da schiacciare non so quanti ne ho battuti ma non puoi rifiutare di battere un 5 ad un bimbo sorridente. Intanto i km passavano eravamo intorno al 15; la marea di gente corre festosa incurante di quello che stava facendo, tanto meno del meteo che non intendeva migliorare. Non ero ancora in crisi mistiche anzi tutto procedeva bene fin quando difronte a me quasi in zona Queens appare Darth Vader anche lui li a darmi un bel 5, direttamente da guerre stellari per darmi Forza? Sì darmi forza perche da lì in poi avrei continuato da solo in quanto Miky ha ingranato la sesta come sempre, lasciandomi alla mia maratona.
Miky vs The Queensborough Bridge.
Quando sei alle 15 miglia e pensi di aver fatto già tutto, è arriva lui, il mostro. Altresì detto “The Queensborough Bridge”. Lungo quasi 1km e 2oo mt, ha una pendenza che sembra infinita e tu non sai se maledirti per aver voluto correra la maratona, o ritenerti felice (ma, illudendoti), perchè mancano solo 11 miglia.Il mostro passa però passa quasi incolume, e l’ingresso nella 1st Avenue a Manhattan è da togliere il fiato, perchè passi dal lungo quartiere di case basse e popolari agli enormi grattacieli e la folla, sempre più numerosa, che ti spinge ed è vera benzina per le gambe, per gli altri, non per me. La mia gara credo, si sia conclusa, mentalmente, al 28 esimo km, non ero stanca non avevo crampi, il fisico teneva bene, ma niente ho cominciato a camminare il più veloce che potevo ma sempre a camminare, e putroppo mancavano ancora 14 km.
Sergio e i crampi.
Bello questo ponte e poi mi fa ‘pensare, attraversandolo, alla Roma Ostia quando corri e senti solo il battere delle suole delle scarpe sull’asfalto ma amplificato perche’ lui the Bridge è al chiuso. La fatica inizia a farsi sentire e poi mi avvicino ai 30km la mia massima distanza percorsa in una gara che succederà ? 1st Avenue, penso sempre alla mia Miky chissà se procede tutto bene, perchè per me iniziano a presentarsi dei nuovi compagni di viaggio che spero lei non abbia incontrato: i crampi. Da qui me li porterò in giro fino alla fine e mi costringeranno anche a delle soste non volute come sul ponte del Bronx fermo a vedere il panorama e allo stesso tempo a fare stretching…
Il Bronx: The Wall.
Si entra al Bronx, sono nel pieno del famoso Muro superati i 33 km, ma qui è tutta una festa rapper con stereo sopra la spalla, musica ovunque, chi corre chi balla; gli americani nel bene o nel male sanno sempre come sorprenderti.
La Fifth Avenue – Usque ad finem.
Percorrere la quinta strada, scortato dal lato lungo di Central Park sulla destra e dai palazzoni eleganti dell’Upper East Side (uno dei quartieri più chic della grande mela) a sinistra, è estasi pura… quando sei a New York come turista, perchè quando sono piu di 4 ore che corri ti rendi solo conto che la fifth è sempre e solo in salita. Tutti i tuoi ricordi di un passato fatto di shopping e Starbucks si volatilizzano e senti solo italiani che maledicono questo tratto, e tra una camminata e una corsetta, finalmente si entra a Central Park. Comincio finalmente a gioire, gli ultimi km erano stati un calvario non riuscivo ad ascoltare la mia playlist musicale,avevo le mani congelate e quando pensi che sia finita è proprio all’ora che comincia un’altra maledetta salita. E si Central Park è un continuo sali, scendi, poi risali poi riscendi (così dicono, perchè io ricordo solo una pendenza da “Passo del Pordoi” ). I cartelli che indicano le distanze sono tutti in miglia e sono troppo stanca per fare i calcoli e capire quanto effettivamente manca; ho quasi perso le speranze di arrivare quando finalmente arriva lui; l’ultimo il nemico dei nemici il cartello, che indica quanto ancora manca in metri, “800 Meters to Go“: 800 metri??? Credo qualsiasi distanza potesse essere scritta su quel cartello, anche 1 metro , per me sarebbero stati troppi.
E poi? E poi una luce, un bagliore: le lancette del timer del traguardo, i riflettori sulla linea d’arrivo, i flash dei fotografi ufficiali. Attraversi la linea che separa la sofferenza dalla gioia pura illuminato come fossi la Madonna e poi finalmente ti puoi accasciare in terra.
Sergio al parco.
Qui arriviamo al dunque, ultimi 7/8 km dei quali 2 di salita purtroppo fatti a camminare; ero arrivato alla frutta ma non avrei mai mollato, la gente mi incitava in tutte le lingue, anche un italiano che diceva la classica cosa “dai che ci siamo quasi e’ fatta” vallo a dire alle mie gambe. Non so’ come, ma la salita finisce inizio a sgambettare di nuovo entro a Central Park non sentivo più nessuno, ero stanchissimo, ma leggevo che mancava ormai poco, in quel momento pensavo a tutti quelli che in quel momento erano vicino a me anche se lontani, allora tirai su la testa feci un bel sorriso e godei questi ultimi metri, infatti qualche curva ancora qualche Sali e scendi poi salitella finale ed ecco e’ fatta.
Il primo pensiero ora e’ ma Miky?
Michela i volontari e poi Sergio.
Sono stati unici e fantastici, un signore, mi è stato vicino da quando mi sono accasciata in terra a quando Sergio è riuscito a recuperarmi, cosa mi abbia detto neanche lo ricordo, ma mi ha tenuto compagnia ed è stato veramento bello.
Sergio mi ha raccolto dopo non molto, ero seduta su un marciapiede e ricordo che aveva in faccia stampata la felicità, si era già fatto fare milioni di foto senza neanche una smorfia di fatica, cavolo quanto l’ho invidiato.
Sergio e le foto.
Presa la medaglia, passo subito allo step fondamentale: le foto.
Finito il book fotografico chiamo Miky al cellulare per capire dove fosse parcheggiata.
Ci ritroviamo, ci abbracciamo ci vestiamo e dopo circa un’ora durante la quale passiamo a raccontarci cosa ci e’ successo ce ne andiamo felici alla metro.
Penso che è una tra le esperienze più forti che ho fino ad oggi vissuto e che non dimenticherò mai?
Michela, le sue promesse e il suo grazie.
Appena mi sono ricongiunta con Sergio gli ho giurato che non avrei mai più corso una maratona in vita mia.
Tre settimane dopo, ero sulla Start line della Maratona di Firenze.
Oggi ripensandoci a mente fredda e a stanchezza archiviata, ritengo che io di mio ci abbia messo tanto, ma il grazie va a chi, nonostante “scusa non posso”, “scusa faccio tardi per cena, mi mancano ancora un paio di ripetute”, “scusa domenica ho una gara”, ha capito, e mi ha sostenuto… la mia famiglia.
Michela Cognetti e Sergio Costi